Era un lontano 2010 quando Sean Ellis coniò per la prima volta il termine “Growth hacking”. Oggi, a distanza di dodici anni, si intende definire così una strategia ampiamente approvata e che sempre più imprese attuano per far crescere il loro business.
Ellis si allontanò dal concetto comune di Marketing e si avviò verso una nuova metodologia per quello che era il suo mondo: le Startup. La crescita, in un contesto dinamico come quello delle Startup, dove la necessità di avere risultati il prima possibile con risorse ridotte, non è semplicemente un desiderio ma un’esigenza!
Per questo il growth hacking ha come obiettivo la scalabilità del business tramite un approccio sperimentale e iterativo sul prodotto e sui canali di digital marketing.
Alla base di questa metodologia ci sono una serie di “mini” esperimenti che avranno un loro costo, ma che permetteranno di incanalare il business nella direzione giusta.
E' fondamentale quindi che questi esperimenti siano caratterizzati da:
Misurabilità: sono necessarie delle metriche precise per effettuare misure quantitative
Ripetibilità: un esperimento deve essere ripetibile più volte, in genere un unico risultato non è particolarmente indicativo
Scalabilità: l’esperimento deve essere replicabile coerentemente alla crescita del business
Con il Growth Hacking si avvia, dunque, una crescita mirata all’aumento dei potenziali clienti e all’allargamento del proprio target, ma questo lavoro non è semplice, richiede un investimento in denaro, oltre che di tempo ed energie.
Per questo viene seguito un approccio “lean” basato sulle metriche di Dave McClure che forniscono un framework collaudato ed utilizzato da molte aziende.
Il funnel di Growth Hacking chiamato AARRR è stato pensato per definire in modo efficace i KPI e consentire alle aziende di convertire e fidelizzare i propri clienti. Le metriche sono: Acquisition, Activation, Retention, Revenue, Referral. AARRR è un acronimo che ricorda il verso di un pirata, per questo viene chiamato anche Pirate metrics.
Acquisition: è il momento in cui si diffonde il nome dell’azienda o del prodotto/servizio. È importante quindi, che si avverta il bisogno dell’offerta che proponi, ecco perché è considerevole la figura del SEO (search engine optimizer), oltre che scrivere su blog, utilizzare e-mail marketing e copywriting tramite piattaforme social per attirare e raggiungere nuovi utenti
Activation: saper trasformare i nuovi utenti in utenti attivi spingendoli a iscriversi a newsletter o scaricare demo del prodotto; è fondamentale che lascino i dati personali
Retention: una volta trasformati i nuovi utenti in attivi, è necessario che diventino abituali e fedeli; è indispensabile attirare nuovi clienti, ma lo è altrettanto mantenere quelli già acquisiti
Revenue: l’obiettivo è di monetizzare tutto il lavoro svolto nelle fasi precedenti sfruttando anche opzioni di vendita avanzate come up-selling, cross-selling e subscription
Referral: permette di ampliare la propria base clienti tramite gli utenti più attivi, funziona per strategie di marketing come invita un amico, codici promozionali e spesso per passaparola.
Grazie a questi semplici punti si arriva in fondo al funnel, differenziandosi dal marketing tradizionale che lavora principalmente on top of the funnel.
Non c’è dubbio che prima di implementare una strategia di growth hacking di successo è necessario fare un check sul posizionamento, strategico appunto, dell’azienda, per valutare se si è realmente pronti ad intraprendere questo percorso. D’altronde come si fa ad intraprendere un percorso senza sapere dove si sta andando?
Sono molte le aziende di successo che hanno utilizzato strategie di growth hacking.
Un esempio è Hotmail: nel 1996 i co-fondatori Sabeer Bathia e Jack Smith per lanciarsi sul mercato invece di comprare spazi pubblicitari sui media tradizionali svilupparono un programma di referral basato sulla frase <<P.S. i love you. Get your free email at Hotmail.>>, aggiunta alla fine di ogni email. Con questo semplice gesto (trigger) si generò una reazione a catana che portò milioni di nuovi utenti in pochi mesi.
Dropbox, invece, aumentò esponenzialmente gli iscritti tramite un invito che permetteva di ottenere in regalo uno spazio di archiviazione maggiore.
Il Growth Hacker si occupa della crescita dell’azienda e la parola che senza dubbio lo caratterizza è multidisciplinarità. Deve essere un esperto di marketing e deve avere buone conoscenze informatiche, inoltre deve saper gestire i canali social e essere un buon content writer.
Sicuramente è una persona che si fa rappresentante della “cultura della crescita” e che cerca di diffonderla all’interno dell’azienda. E' dotato di spirito imprenditoriale e le sue scelte, oltre che dall’istinto, sono guidate dai dati che analizza costantemente.
Si occupa di:
Ottimizzazione SEO: cioè “ottimizzazione dei motori di ricerca”, l’insieme di strategie e pratiche volte all’aumento di visibilità di un sito web migliorandone la posizione nelle classifiche dei motori di ricerca
E-mail marketing: sfruttate le e-mail per acquisire nuovi clienti e fidelizzare quelli già esistenti
Social marketing: il mezzo che permette di avere una visibilità molto elevata fin da subito attraverso i social media (e tutte le relative piattaforme)