I servizi possono essere verso l’esterno, i clienti finali, o verso l’interno, ovvero le funzioni aziendali offrono servizi al cliente interno per produrre, assemblare, vendere, comunicare, servire, finanziare. Se ci pensiamo bene, le organizzazioni funzionano già in questo modo. Per creare efficienza le aziende sono organizzate in silos funzionali che hanno l’obiettivo di sviluppare, operare, gestire determinati compiti per far funzionare l’intera organizzazione.
L’organizzazione aziendale segue diversi criteri di suddivisione delle funzioni, delle attività, dei compiti, delle responsabilità, delle competenze. Si scelgono dei modelli organizzativi, tipicamente gerarchici, per generare efficienza e allineare gli obiettivi dell’azienda sul criterio tipicamente della specializzazione. Strutture divisionali, funzionali, a matrice hanno l’unico scopo di gestire la complessità e creare efficacia organizzativa.
I modelli organizzativi hanno permesso alle aziende di strutturarsi, gestire la complessità, distribuire il lavoro, le competenze, scalare su mercati più vasti o diversi, creare efficienza, raggiungere obiettivi e misurare.
Tuttavia, hanno generato un’eccessiva focalizzazione verso l’efficacia del Silos, gli obiettivi della funzione, del manager che guida la struttura e, spesso, un disallineamento verso l’obiettivo e la missione per cui l’organizzazione esiste. Per questo si sono generate aziende con scarsa capacità di innovare, avendo perso la capacità di ascoltare il mercato di riferimento ma soprattutto con una scarsa propensione a “servire” il cliente, ad adattare i processi rapidamente per orientarsi esclusivamente verso la generazione di valore per il mercato.
Una scarsa capacità di integrare tutta la filiera di processi che portano valore al cliente finale, end to end. Hanno ridotto la velocità di adattamento, l’agilità nei confronti dei clienti, del mercato e soprattutto all’interno dell’organizzazione, dalla relazione con l’utente alle operation.
I Silos hanno acquisito una cultura fortemente legata alla predizione e controllo, abbandonando la visione imprenditoriale: il problema da risolvere, la velocità di adattamento, la capacità di riconfigurare velocemente la struttura, la strategia, tutta la filiera di processi, le competenze, le tecnologie, i ruoli, per cogliere opportunità, conquistare o creare un nuovo mercato, servire un target specifico di utenti, produrre valore al cliente finale.
Si parla sempre più spesso di Business Agility, anche questo concetto derivante dal mondo dello sviluppo software e dalle metodologie Agile, proprio per rappresentare un’organizzazione che segue i fondamentali e i principi del paradigma di autonomia condivisa.
Fabio Lisca, fondatore di Agile School e autore di “Il quinto paradigma” e “Business Agility”, spiega nel suo trattato:
"Solo un ecosistema dinamico, basato su network di team e di dati, informazioni, interazioni, competenze e valore che confluiscono costantemente tra le parti del sistema può essere definito Business Agile. Infatti per velocità si intende l’eccellenza operativa che si concretizza in un movimento ripetitivo (iterazioni) e molto preciso (la precisione è data dalla misurazione ossessiva e costante e dalla ricerca della perfezione) verso una specifica direzione. Mentre per agilità si intende la capacità di rapido adattamento. La capacità di apportare piccoli e grandi cambiamenti attraverso l’abilità di intuire situazioni, indicatori di mercato, analisi dei dati e sperimentazione."
Questi concetti ispirano l’organizzazione “Company as a Service”, dove ogni funzione, partendo da tutte quelle che hanno o gestiscono relazioni con gli utenti / clienti finali, cercano di applicare un modello di autonomia condivisa mettendo al centro il Cliente finale (non il cliente interno, la successiva funzione aziendale da servire), con una visione end to end, una cultura adattiva, l’accesso esteso ai dati, alle informazioni, per agire tempestivamente in base alle sfide ed opportunità identificate.
Il marketing è cambiato più negli ultimi 2 anni che nei 50 anni precedenti. L’orientamento è sempre, ma ancora non sufficientemente, orientato a risultati tangibili e misurabili. Il digital marketing ha costretto i marketer a misurare anche altri canali e cercare di scalare i vertici organizzativi per trasmettere i nuovi processi, se si ha il coraggio di cambiare.
Ma il passo più importante è stato quello di allineare i processi di marketing al processo di vendita, proseguire dalla lead generation al Lead Management, alla qualificazione, alla gestione, alla misurazione dell’intera Customer Journey, tramite processi e metriche condivise. Per questo, è stato coniato un termine nuovo per definire questo allineamento tra Marketing e Sales: SMarketing.
Lo SMarketing ha proprio l’obiettivo di definire un modello di misurazione della Customer Journey, dalle sorgenti / fonti fino alle revenue, integrando processi di marketing con processi di vendita, definendo obiettivi misurabili e un sistema di tracciamento in tempo reale e costante. Questo è possibile solo implementando la giusta tecnologia, condividendo responsabilità reciproche, utilizzando la giusta tecnologia.
Ad esempio, il marketing potrebbe avere uno SLA (accordo sul livello di servizio) concordato sui lead da raggiungere e le vendite devono accettare di seguire determinati processi di qualifica per accettare i lead e portarli avanti nel processo decisionale. Gli obiettivi vanno condivisi e misurati in tempo reale, perché il Business, oggi, accade in tempo reale: il cliente è ovunque!
Per farlo l’organizzazione deve ridurre l’asimmetria informativa, basarsi su flussi e processi allineati da KPI condivisi, ragionare sullo stesso set di dati e informazioni, conoscere l’esperienza del cliente finale, tramandata all’interno dell’organizzazione dall’esperienza di ogni processo che crea, gestisce o interagisce con le relazioni finali con i Clienti.
La mission di Digital Sales è integrare, grazie alla tecnologia e allo studio dei processi, le informazioni di queste relazioni, dal marketing, al sales, alle operation, per ottimizzare il sistema e non ridurre la trasformazione digitale ad un’esclusiva e limitante cambio tecnologico.
Integrare le fonti di informazione, le sorgenti informative che gli utenti usano per informarsi, risolvere problemi, raggiungere i propri obiettivi, che vanno dal sito web, le interazioni su e-commerce, cataloghi digitali, social, eventi, i contenuti distribuiti in ogni forma (online o offline). Le relazioni con partner, concessionari, venditori, agenti, reseller, operatori di customer care.
L’informazione è un asset strategico fondamentale per le organizzazioni. Bill Gates diceva “come raccogli, gestisci e utilizzi le informazioni determinerà la tua vittoria o la tua sconfitta.”
Siamo nell’era dell'abbondanza delle informazioni. Internet, i social, hanno incrementato esponenzialmente le interazioni generate dalle relazioni, online e offline. Un enorme data set di dati, complesse capacità di elaborazione e modelli analitici avanzati nell’attuale panorama del business digitale creano la tempesta perfetta di opportunità per dati e analisi. Ma non è sufficiente generare informazioni, raccoglierle, renderle leggibili, comprensibili, utilizzabili.
Serve abilitare un cambio culturale dell’organizzazione per definire le giuste strategie, dotarsi delle giuste competenze ed esecutori, integrare le giuste tecnologie per costruire un sistema adattativo e continuamente ottimizzabile, implementare processi e piani di misurazione che permettano di allineare le funzioni verso l’ottimizzazione della Customer Experience, costruendo il grafo informativo dell’organizzazione.
Oggi abbiamo tecnologie, processi e competenze per abilitarla.